Intelligenza Artificiale tappa dell’evoluzione: partner per l’umanità o sostituto?
E nel mentre cerchiamo una risposta è bene sapere che l’Intelligenza Artificiale produce in Italia un bacino d’affari in rapida espansione.
Secondo i dati più recenti dell’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano, nel 2024 il mercato dell’Intelligenza Artificiale in Italia ha raggiunto un valore medio di 1,2 miliardi di euro, segnando una crescita del 58% rispetto al 2023.
Nel 2023 il valore del mercato dell’Intelligenza Artificiale in Italia si attestava intorno ai 674 milioni di euro, con una crescita del 55% rispetto all’anno precedente.
Un rapporto di Anitec-Assinform, stima che il mercato raddoppierà di volume nei prossimi 3 anni, sfiorando i 2 miliardi di euro nel 2027
La «superintelligenza artificiale» supererà gli esseri umani nel 2027 (e rischieremo l’estinzione)
La Meloni da Trump.
Meloni da Trump. Il presidente la accoglie: “Persona eccezionale”. La Casa Bianca: “Web tax italiana ci danneggia”
Trump accoglie Meloni: “Persona eccezionale. Sono sicuro che l’Ue si accorderà”
Meloni, un governicchio per l’opposizione ma non per gli italiani: da Washington tornerà un governone?
Meloni da Trump: i segreti della missione e altro ancora sulla politica in Italia
Il ministro Foti: “Trump imprevedibile, Meloni da lui nel solco europeo”
Giorgetti: “Giorgia Meloni a Washington? L’Italia si merita tanto e non si aspetta niente”
Bonelli: “Nel suo viaggio a Washington Giorgia Meloni dirà signorsì a Trump”
Bonaccini: “Meloni timida con Trump, andare da lui serve a poco”
Calenda: “Polemiche avvilenti sul viaggio della Meloni a Washington”
Meloni da Trump, l’Italia conferma Dante: “di dolore ostello, non donna di province ma b….lo”
Il Governo italiano mostra buona volontà a Trump sulla questione delle spese per la difesa.
Giorgetti: “Spesa per la difesa al 2% già quest’anno”
Difesa, per accontentare Trump una spesa di “altri 10 miliardi”
I sondaggi della settimana. Nonostante tutto, nessuna novità sull’umore degli italiani.
Fratelli d’Italia 30,0% (-0,2) Partito Democratico 22,0% (-0,3) Movimento 5 Stelle 12,5% (+0,3) Forza Italia 8,8% (+0,1) Lega 8,7% (=) Verdi e Sinistra 6,4% (+0,2) Azione 3,6% (-0,2) Italia Viva 2,7% (+0,2) +Europa 1,9% (+0,1) Noi Moderati 1,1% (-0,1)
Bruxelles sogna la ‘primavera europea’ ma intanto si difende anche dagli Usa.
Telefoni usa e getta nelle missioni Ue in Usa contro le spie: “L’alleanza transatlantica è finita”
L’Ue: ‘Vogliamo un’intesa sui dazi ma dobbiamo prepararci anche al no deal’
Cottarelli: “Per gli Stati Uniti il vero nemico è la Cina, non l’Europa”
Cacciari: “Trump ha ragione, l’Europa è un fallimento. La colpa è di leader come von der Leyen”
Gli Stati Uniti rischiano la recessione.
Gli Usa respingono la proposta Ue su zero dazi a industria Era stata presentata a Washington dal commissario europeo.
Ennesima giravolta, Trump annuncia stop ai dazi al 25% sulle auto. Nuovi bersagli, chip, farmaci, pomodori
Trump valuta l’esenzione delle auto dalle tariffe. Respinta la proposta Ue di dazi zero sull’industria. Meloni: “Momento difficile, vediamo come andrà”
Elkann: “Dazi dolorosi e transizione elettrica rigida, industria dell’auto a rischio”
Stellantis: Cassino chiude fino al 5 maggio. Cassa integrazione ad Atessa. “Si va verso nuovi esuberi”
Trump, mercante in fiera: deve fare 90 accordi in 90 giorni, altrimenti Putin si arrabbia: il caos dazi ha colpito il petrolio e ha messo in crisi la Russia.
Larry Fink di BlackRock avverte che gli U.S.A. sono molto vicini alla recessione
Un indice di recessione dai saloni di bellezza. parrucchieri e estetiste dicono che i clienti spendono meno e ci vanno meno di frequente
Dollaro in caduta libera contro le previsioni. Per gli Usa l’incubo di una perdita di fiducia dei mercati
Intanto le grandi banche americane fanno affari d’oro con l’instabilità dei mercati
Dazi, Honda pronta a spostare parte della produzione negli Usa. La California fa causa a Trump. Fitch rivede le stime: Pil sotto il 2%
Trump annuncia che prenderà parte personalmente alle trattative col Giappone
Msn: Xi ha in mano carte migliori di Trump
Il presidente Trump sospettato di insider trading.
Gli strani movimenti in Borsa delle aziende di Trump. Cos’è e cosa si rischia con l’insider trading
Steven Horsford, l’onorevole democratico contro Trump: “È una manipolazione del mercato? Se non lo è, cos’è? Quale miliardario è appena diventato più ricco?”
Adam Schiff, il senatore democratico contro Donald Trump: “Bisogna indagare per capire se il presidente abbia manipolato il mercato”
Gli Stati Uniti tra l’Ucraina e Gaza.
Sunday Bloody Sunday, ci risiamo. Da Gaza all’Ucraina una domenica di sangue e una pace sempre più lontana
Gli Usa non firmano la nota del G7 che condanna la strage di Sumy. Zelensky licenzia il capo della regione attaccata
Witkoff: “Putin è aperto a una pace permanente con l’Ucraina”. Lavrov frena: “Non è facile”
Kallas (rappresentante politica estera dell’Ue): “Se Trump vuole la pace spinga su Putin”
La Russia vittima dei dazi di Trump, colpa del calo del prezzo del petrolio provocato dal caos mondiale
Sudan, la guerra che nessuno vuol vedere.
Sudan, la denuncia di Msf: “Silenzio e negligenza internazionale dopo due anni di guerra”
Sudan, la guerra dimenticata: è l’emergenza umanitaria più grave al mondo
L’amministrazione Trump e lo scontro con le Università americane.
Non si è adeguata alle sue politiche: Trump congela 2,2 miliardi a Harvard e ora minaccia di tassarla.
La lettera con le “richieste” all’ateneo
L’affondo di Trump: ‘Harvard è un’università da barzelletta, non merita fondi’
Harvard fa causa al Governo, Trump minaccia di chiuderla agli studenti stranieri se non piega la testa
Incertezza eccezionale, la presidente della Bce taglia i tassi.
La Bce taglia i tassi dello 0,25% e li porta al 2,25%
Bye Bye Bialetti: è diventata cinese.
Bialetti venduta ai cinesi: un altro simbolo del made in Italy se ne va
Benzina a 1,731 euro al litro, non scendeva così in basso da fine 2022 (con in vigore il taglio accise)
Meta e la strategia «buy or bury»: sarà costretta a vendere Instagram? Inizia il processo antitrust Usa
Lunga cavalcata dei prezzo dell’oro in mezzo secolo: dai 20 dollari l’oncia del 1970 ai 3.237.61 dollari di oggi
Migliora il rating del debito italiano: meno interessi, Giorgetti esulta, Meloni gode e si prepara per Trump
Economia italiana in crescita moderata, le famiglie consumano meno e risparmiano di più
Postepay presenta al Netcomm Forum il proprio ecosistema per una “great shopping experience” e annuncia la partnership con Scalapay
Ferrari si lancia a tutta velocità nella vela
Premio Strega, la dozzina dei finalisti che non ti aspetti.
Premio Strega, ecco la dozzina inaspettata dei candidati: chi sono i favoriti e gli scartati
Mario Vargas Llosa è morto. Nobel 2010, ultimo superstite della grande letteratura latinoamericana del ‘900
Macron adora il profumo, si cosparge come Luigi XIV, ma lui si lava: nuovo libro sulla vita all’Eliseo
La locandina, il consiglio cinematografico: Wall Street, di Oliver Stone
L’intelligenza artificiale supererà l’uomo, è solo questione di tempo. E c’è chi ha già segnato una data, il 2027. Secondo uno studio condotto da Daniel Kokotajlo, che ha lasciato la società di Altman nel 2024, noi umani siamo a rischio estinzione. Sul Corriere della Sera si legge che “l’umanità si trova davanti ad un bivio. Da un lato, rallentare lo sviluppo dell’intelligenza artificiale per contenere il rischio che un giorno si ribelli agli esseri umani. Dall’altro, continuare con una politica di laissez faire per tenere testa agli avanzamenti tecnologici cinesi. Uno di questi scenari porta alla distruzione dell’umanità, l’altro a una civiltà intergalattica basata su pace e armonia”. È questo uno dei problemi centrali del nostro tempo. “Nel 2027 si concentrerà l’esplosione delle intelligenze artificiali”. Il 2027 sarà veramente l’anno del superamento? Uomo vs Intelligenza Artificiale, i romanzi divengono realtà. Al link qua sotto tutto l’articolo del Corriere della Sera.
Finalmente è arrivato il giorno del bilaterale tra Usa e Italia, Donald Trump e Giorgia Meloni. Se ne è parlato molto, perché ovviamente c’era parecchio in ballo, questioni politiche ed economiche che obbligano alla prudenza. La Meloni, ed era normale che andasse così, è arrivata alla Casa Bianca in una condizione più semplice rispetto a due settimane fa. Del resto lo si sa, questi incontri vengono preparati dalle diplomazie, cercando di mantenere al minimo i rischi di un fallimento. Il tycoon ha accolto la Presidente del Consiglio italiano nel migliore dei modi, “Persona eccezionale” ha detto. Ma un alto dirigente Usa ha fatto sapere che “ad esempio, la tassa italiana sui servizi digitali è vista come una misura che penalizza le aziende americane”. Affermazione quest’ultima che evidenzia, nonostante i sorrisi, le grosse difficoltà che ostacolano il cammino del negoziato tra Europa e Stati Uniti.
Meloni invita Trump a Roma, lui accetta ma non si sa quando né per cosa e con chi
La Presidente Meloni è la prima leader europea che arriva alla Casa Bianca dopo l’annuncio dei dazi. Sorrisi tra i due capi di Stato. In questo articolo della Repubblica si legge che la Presidente del Consiglio ha ringrazia Donald Trump per aver accettato l’invito a venire in Italia in vista di un incontro per un vertice con la Ue. “È questo uno dei passaggi politici più importanti della visita della premier italiana a Washington. Risultato che se confermato regalerà alla leader italiana un ruolo di forte mediazione. Esito tutt’altro che scontato. Il presidente degli Stati Uniti”, si legge ancora nell’articolo, “considererà se incontrare anche l’Europa in occasione della sua visita a Roma, ha precisato la premier”. Quindi, un impegno del Presidente americano per venire a Roma ma ancora niente di fatto sui contenuti di questa eventuale visita. Tutto dipenderà dagli esiti del negoziato e dalle dinamiche politiche che si svilupperanno.
Meloni un governicchio? Dai sondaggi sembrerebbe di no
“Il governicchio: così definisce la sinistra l’esecutivo di Giorgia Meloni. Tre anni (o quasi) a Palazzo Chigi: risultati vicino allo zero, con il Paese che soffre di un bilancio da paura”. Inizia così questo articolo di Bruno Tucci su Blitz Quotidiano. “L’opposizione fa il suo mestiere”, continua a scrivere, “cerca di mettere il bastone fra le ruote a chi ha vinto le elezioni. Trova ogni giorno un cavillo su cui imperniare la sua polemica. Niente da dire: in democrazia questo è il gioco dell’alternanza. Ma chi sono coloro che vorrebbero rivoluzionare l’attuale assetto politico? Sono quattro o cinque partiti che non si mettono d’accordo su niente”. Merita peste e corna questo esecutivo? si domanda Tucci in questo articolo: “Assolutamente no, se dobbiamo stare ai sondaggi che continuano a dare ai Fratelli d’Italia percentuali che sono al di sopra del trenta per cento”. Per leggere tutto l’articolo cliccare nel link qua sotto.
La presidente Meloni e la missione negli Stati Uniti
Tra pochi giorni la presidente Meloni partirà per gli Stati Uniti dove incontrerà il presidente Trump. Le polemiche su questo appuntamento si sommano una sull’altra. “Quali sono gli obbiettivi che si vorrebbero raggiungere non è dato saperlo ufficialmente. Bocche cucite a Palazzo Chigi”, scrive Bruno Tucci su Blitz Quotidiano. “Forse nemmeno i più stretti collaboratori del presidente sanno che cosa ha in animo di raggiungere nel corso del colloquio con Trump. Si tratterà di dazi naturalmente, di arrivare a quello ‘zero a zero’ che la stessa Meloni ha fatto capire con una battuta ad una folla di giornalisti che la circondavano. Non è escluso però che la premier si limiti a parlare solo di queste maledette tasse che hanno messo in allarme il mondo intero. Forse potrà chiedere qualcosa di più a Donald”. Vedremo come andrà a finire. La speranza è che arrivi qualcosa di buono per l’Europa. Per leggere tutto l’articolo cliccare nel link qua sotto.
Ministro Foti: ““L’Italia deve avere una sua strategia, inserita in quella europea”
Giovedì la Meloni incontrerà alla Casa Bianca Donald Trump. Le polemiche che accompagnano questo bilaterale sono molte. Una di queste riguarda il fantomatico ‘mandato europeo’ che non abbiamo ancora capito se c’è o non c’è e se quindi la Meloni andrà nello Studio Ovale in nome dell’Italia o dell’Europa. In questo articolo pubblicato su Blitz Quotidiano si legge che “intervistato dalla Stampa, il ministro agli Affari Europei Tommaso Foti spiega che ‘questo governo ha sempre detto che le mosse di Trump erano un’evidente modalità per aprire una trattativa. Credo che il presidente americano abbia giocato le sue carte: ha fatto ciò che riteneva utile per il suo interesse. La richiesta generalizzata di privilegiare il dialogo gli ha probabilmente offerto il pretesto per cambiare rotta’”. Ma la frase più importante forse arriva dopo: “L’Italia deve avere una sua strategia, inserita in quella europea”. L’articolo di Blitz Quotidiano citato è al link qua sotto.
Il ministro Giorgetti è prudente sul bilaterale USA-Italia
Si avvicina l’atteso bilaterale tra la Meloni e Trump. Ancora pochi giorni e i due si incontreranno nello Studio Ovale. In riferimento a questo appuntamento “il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti”, si legge su Blitz Quotidiano, “ha dichiarato a margine dell’Ecofin informale a Varsavia che l’Italia ‘si merita tanto e non si aspetta niente’ dall’incontro programmato tra la premier Giorgia Meloni e il presidente USA Donald Trump. In merito all’aumento delle spese per la difesa, il ministro ha confermato che l’obiettivo del 2% del Pil è da raggiungere senza attivare la clausola nazionale per la sospensione del Patto di stabilità”. Una posizione che non sbilancia in avanti nessuno, benché meno il Governo, e non potrebbe essere stato altrimenti. Il ministro Giorgetti è persona prudente ed è consapevole che in questo momento, alla vigilia di un bilaterale così delicato, non è consigliata nessun balzo in avanti, nessuna sbavatura istituzionale.
Bonelli (AVS): “Nel suo viaggio a Washington Giorgia Meloni dirà signorsì a Trump”
L’opposizione attacca la Meloni in vista del bilaterale con Trump. A dire la sua è il deputato di Alleanza Verdi e Sinistra (AVS) Angelo Bonelli. “Nel suo viaggio a Washington Giorgia Meloni dirà signorsì a Trump. Dirà sì: all’acquisto di gas americano, che costa molto; all’acquisto di armi statunitensi; all’importazione di carni piene di ormoni e di prodotti agricoli americani ricchi di pesticidi. Tanti si che non vanno certo nella direzione dell’interesse nazionale e della tutela della salute e dell’ambiente. Meloni è in prima linea nel tentativo di cancellare il Green Deal europeo, una strategia fondamentale per combattere la crisi climatica e costruire un’economia sostenibile. È chiaro che per lei la transizione ecologica non è una priorità, ma un ostacolo da abbattere per favorire vecchi modelli economici inquinanti e dipendenti dalle lobby fossili”. Pe leggere tutto l’articolo pubblicato su Blitz Quotidiano cliccare nel link qui sotto.
Bonacini (PD), bilaterale Usa-Italia: “La Meloni vada a sostenere la linea europea”
Anche Stefano Bonacini, presidente del Partito Democratico, prende posizione sul viaggio di Giorgia Meloni alla Casa Bianca. Su Blitz Quotidiano si legge che intervistato dalla Stampa, Bonacini spiega “che la tanto vituperata Europa si sia mossa nel modo giusto. Ha reagito in maniera compatta, a parte il solito Orban, ma anche serena, senza mostrarsi timorosa, prospettando dei controdazi, che ora ha fatto bene a congelare. Deve andare avanti determinata nella trattativa, anche valutando un intervento sulle big tech americane”. Dunque, una posizione decisa, anche soprattutto tenendo di conto che l’idea della web tax ha molto diviso gli schieramenti. “Spero che la premier Meloni”, ha poi aggiunto, “abbia capito che puntare sull’amicizia personale con Trump non funziona. Il suo viaggio è legittimo ma è evidente che a questo punto abbia poco senso, non penso possa ottenere molto. Vada a sostenere la linea europea, consapevole che non c’è altra strada”.
Calenda difende la Meloni sulla trasferta alla Casa Bianca
Sul viaggio della Meloni a Washington c’è chi l’attacca e c’è chi la difende. In questo caso c’è Calenda che la difende. Intervistato dal Quotidiano Nazionale “liquida le polemiche come ‘demenziali’. Il leader di Azione difende la premier, sottolineando l’incoerenza delle critiche. ‘Non ho letto le stesse proteste quando il premier inglese Starmer e il presidente francese Macron sono andati da Donald Trump’, osserva. Per Calenda, è difficile comprendere perché una premier non dovrebbe accettare un invito ufficiale. Le polemiche, a suo dire, appaiono ‘avvilenti e un po’ ideologiche’. Questa difesa di Calenda è un elemento di osservazione importante. Potrebbe segnare un nuovo passo di avvicinamento di Azione verso il centrodestra? Non sarebbe una novità, perché in molte elezioni amministrative l’accordo tra Calenda ed il centro-destra c’è già stato. In questa prospettiva le varie posizioni potrebbero voler dire molto di più di quel che dicono.
“Meloni da Trump: non si dovrebbe stare tutti uniti in un momento così delicato?
Vedremo come andrà il bilaterale tra la Meloni e Trump. Nell’attesa la classe politica italiana si sta rincorrendo per difendere o attaccare la Presidente del Consiglio. Bruno Tucci scrive questo articolo su Blitz Quotidiano per sottolineare l’atteggiamento che sulla questione sta tenendo l’opposizione. “La premier deve ancora salire sull’aereo che la porterà alla Casa Bianca, ma prima ancora di sedersi davanti a Trump irrompono sulla scena le prefiche che prevedono accordi che saranno totalmente negativi non solo per l’Italia, ma forse e soprattutto per l’Europa. In prima linea quella opposizione che pur di parlar male del governo fa il tifo contro il nostro Paese. Interessi di bottega, meglio i voti e le preferenze nella speranza di un ribaltone che possa cambiare l’inquilino di Palazzo Chigi”. Tucci si chiede: “non si dovrebbe stare tutti uniti in un momento così delicato con il mondo in rivoluzione per le cervellotiche decisioni della Casa Bianca?”.
Nel 2025 l’Italia probabilmente raggiungerà il 2% di spesa del Pil per la difesa militare
Il Ministro dell’Economia e delle Finanze Giorgetti ha dichiarato in Senato che “con riferimento alle spese per la difesa e più in generale alla sicurezza, il lavoro di ricognizione secondo la metodologia NATO, effettuata con particolare scrupolo, lascia ritenere che già da quest’anno saremo in grado di raggiungere l’obiettivo del 2% del Pil assunto nel 2014. Siamo oltremodo coscienti, anche alla luce delle attuali tensioni, dell’esigenza di incrementare tali spese nei prossimi anni”. È facile pensare che questo impegno italiano arrivi soprattutto per aiutare il bilaterale con gli Usa. La nuova amministrazione Trump aveva manifestato il proprio dissenso nei confronti di quei Paesi che non rispettavano il vincolo delle spese militari previste dall’adesione alla NATO. In questo articolo del Fatto Quotidiano si legge che il Ministro ha specificato che “In questo momento il governo italiano non utilizzerà la deroga al patto di stabilità per le spese militari”.
Spese militari, l’Italia rispetterà l’impegno NATO con 10 miliardi di euro
Con gli Stati Uniti della nuova amministrazione Trump si negozia su tutto. Gli americani hanno chiesto agli alleati della NATO, di rispettare l’impegno del 2% del Pil destinato alle spese militari. Nelle passate settimane si era alzato un bel polverone sulla questione, ed adesso qualcuno comincia a muoversi. L’Italia nel 2025 dovrebbe garantire questo 2%. L’ha dichiarato al Senato il Ministro Giorgetti. Ma di quante risorse stiamo parlando? Sul Fatto Quotidiano si legge che “la decisione non sarà indolore, almeno economicamente parlando: secondo un calcolo effettuato dall’Osservatorio sulle spese militari italiane, l’adeguamento costerà alle casse dello Stato circa 10 miliardi di euro”. Una cifra importante che dovrà essere trovata e che “l’osservatorio attribuisce, la decisone di aumentare le spese per la Difesa, esclusivamente all’esecutivo, dato che formalmente queste non sono mai state ratificate dal Parlamento”. Per tutto l’articolo cliccare al link qua sotto.
La Ue non si fida più degli Stati Uniti: pc e cellulari usa e getta per evitare rischi spionaggio
Anche dalle piccole cose si capisce che il clima tra Unione europea e Stati Uniti è cambiato. Ad esempio, si legge su Blitz Quotidiano, e la notizia è stata riportata dal Finalcial Times, sembrerebbe che “per evitare il rischio di spionaggio, la Commissione europea ha deciso di distribuire telefonini e computer portatili usa e getta ai propri funzionari negli Stati Uniti, una precauzione finora riservata ai viaggi in Cina”. Precauzione non di poco conto, che ovviamente James Bond non si sarebbe preoccupato di seguire. Ma c’è poco da scherzare perché “il trattamento riservato agli Stati Uniti come potenziale minaccia alla sicurezza evidenzia il deterioramento delle relazioni transatlantiche dopo il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, sottolinea il quotidiano finanziario britannico, riportando le parole di un funzionario della Commissione europea secondo cui i vertici di Bruxelles sono preoccupati che Washington possa intromettersi nei sistemi interni Ue”. C’è di che preoccuparsi.
Michael Mc Grath (Ue): “Si ad un accordo sui dazi, ma dobbiamo prepararci anche al peggio”
L’Europa vuole trovare un punto di risoluzione del contenzioso con gli Stati Uniti, ma è pronta a qualsiasi scenario. “Faremo tutto il possibile per giungere a un esito positivo nei negoziati con gli Usa sui dazi, ma in parallelo dobbiamo prepararci allo scenario potenziale di un mancato accordo”. Lo ha detto il Commissario Ue per la Giustizia, Michael Mc Grath. “I dazi sono la strada sbagliata perché danneggia le imprese e i consumi e, in ultima analisi, possono mettere a rischio anche i posti di lavoro” ha ribadito il Commissario. L’agenzia Ansa riporta che Mc Grath ha anche “sottolineato l’importanza strategica della cooperazione transatlantica: “Ue e Usa devono affrontare insieme sfide cruciali come la sovraccapacità produttiva globale, in particolare nei settori di acciaio e alluminio, che minaccia la resilienza delle nostre filiere, inclusi semiconduttori e farmaceutica. Sono temi su cui dobbiamo lavorare fianco a fianco”.
Carlo Cottarelli: “La vera guerra commerciale gli Usa vogliono farla con la Cina”
Carlo Cottarelli, direttore dell’Osservatorio Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica di Milano, ne è convinto. Per lui “la vera guerra commerciale gli Usa non vogliono farla con l’Europa, perché con l’Europa non hanno problemi, ma con la Cina, che è vero nemico dell’America. Per la prima volta dalla fine della Seconda Guerra Mondiale esistono due potenze egemoni equivalenti e sono Stati Uniti e Cina”. Posizione quella di Cottarelli che si sta facendo strada tra gli osservatori. Ed effettivamente ha tutte le carte in regola per essere l’interpretazione più verosimile. Oggi la Cina rappresenta una minaccia reale e concreta per l’egemonia statunitense. Cottarelli ha anche dichiarato che “la Cina è forte almeno quanto gli Stati Uniti, se non di più. Proprio per questo sono convinto che l’America vorrà un riavvicinamento con l’Europa”. Forse quest’ultimo punto è ancora poco manifesto nell’azione politica americana ma potrebbe anche diventare il solco nel quale la Casa Bianca si muoverà.
Massimo Cacciari: “Un certo Occidente è già finito da parecchi decenni”
Il filosofo Massimo Cacciari condivide l’analisi di Trump sull’Europa. Su Blitz Quotidiano si legge che intervistato dalla Stampa ha dichiarato che “L’Europa è un fallimento. Se non si parte da questo presupposto, che cosa si vuole capire delle posizioni di Trump?”. Un duro affondo del professore, il quale poi ha proseguito dicendo che “Un certo Occidente è già finito da parecchi decenni. Gli Stati europeo erano una grande potenza economica e demografica con uno sviluppo impetuoso. Tutto questo è finito con la prima guerra mondiale”. Dunque, la crisi dell’Europa Cacciari la fissa negli anni che dividono i due conflitti mondiali, e forse, quella fase, raggiunge oggi il suo momento finale, quello del declino europeo, mentre altri attori, si affacciano lanciati verso il futuro, nel pieno della loro ‘prime performance’. Una visone disincantata, quella di Cacciari, che invita a riflettere su una crisi strutturale dell’identità e del peso dell’Europa nel mondo.
Trump dice No alla proposta dell’Ue di zero dazi sull’industria ma il negoziato continua
Ancora un altro No dagli Stati Uniti. Il negoziato con l’Europa va avanti ma per adesso risultati pochi. Questa volta Trump non ha accettato la proposta di zero dazi all’industria. Sull’Ansa si legge che “nel corso degli incontri di ieri del commissario Ue al Commercio, sul tavolo sono stati posti ‘la nostra offerta di lavorare per ottenere tariffe reciproche zero per zero per tutti i beni industriali, comprese le automobili, il tema della sovraccapacità globale nei settori dell’acciaio e dell’alluminio, la resilienza delle nostre catene di approvvigionamento nei semiconduttori e nei prodotti farmaceutici”. Una bella lista di questioni alle quali però diventa sempre più complicato dare risposta. Anche perché la partita che si gioca non è solo economica ma anche politica, soprattutto per l’Europa ed i suoi equilibri interni. Saranno 90 giorni lunghi e difficili, e nel mezzo molte difficoltà che potrebbero ostacolare i negoziati.
Guerra commerciale dei dazi. Trump potrebbe esentare temporaneamente le case automobilistiche
Chissà come finirà la storia dei dazi. Per adesso è un bel giro sulle montagne russe. In questo articolo su Blitz Quotidiano si legge che Donald Trump potrebbe “esentare temporaneamente le case automobilistiche dalle tariffe per dare loro il tempo di adattare le proprie catene di approvvigionamento”. Ma è tutto da vedere. “Sto valutando una soluzione che possa aiutare alcune case automobilistiche in questo senso, ha detto spiegando che esse hanno bisogno di tempo per trasferire la produzione da Canada, Messico e altri paesi”. Perché ormai è chiaro quasi a tutti che l’obiettivo è di riportare la produzione dentro gli Stati Uniti, ovvero strangolare la globalizzazione nel suo elemento cardine. È in quest’accezione che deve intendersi l’affermazione che la globalizzazione potrebbe avere le ore contate. Di certo, il settore automobilistico già in crisi, non smaniava dalla voglia di dover risolvere anche il problema dei dazi.
Meloni: “È un momento difficile, vediamo come va a finire”
La trattativa con Trump è molto dura. Il negoziato con l’Europa è in corso. In questo articolo sul Fatto Quotidiano si legge “giornata difficile per le trattative tra l’Unione europea e gli Usa sui dazi. La missione oltreoceano del commissario al Commercio Maroš Šefčovič non ha avuto l’effetto sperato: Donald Trump ha rifiutato la proposta di rimuovere le tariffe sulle esportazioni di beni industriali. Allo stesso tempo, però, il capo della Casa Bianca ha detto di stare valutando una temporanea esenzione del settore auto, per dare tempo – dice – alle aziende di spostare la produzione negli Usa”. Due cose emergono da questa notizia. La prima è che la visita della Meloni alla Casa Bianca non è centrale per la soluzione del problema: certo, può aiutare ma non è centrale. E la seconda è che la stessa Presidente del Consiglio è molto preoccupata: “È un momento difficile, vediamo come va a finire” ha detto.
Per il presidente di Stellantis, John Elkann, il mercato dell’automobile è a rischio
Stellantis era già in difficoltà per la crisi del mercato dell’automobile. Adesso arrivano anche i dazi a complicare la situazione. Si legge su Repubblica che in apertura dell’assemblea annuale, il presidente Elkann “punta il dito sulle tariffe negli Usa e sul percorso verso la mobilità a zero emissioni in Europa. E spera nella sospensione del 25% extra alla dogana americana: ‘Siamo incoraggiati da quanto indicato dal presidente Trump per l’industria automobilistica”. Elkann ha poi aggiunto parlando agli azionisti e riferendosi ad un eventuale fallimento dei negoziati che “sarebbe una tragedia, perché l’industria automobilistica è fonte di posti di lavoro, innovazione e comunità forti. Ma non è troppo tardi se gli Stati Uniti e l’Europa intraprendono le azioni urgenti necessarie per promuovere una transizione ordinaria. Quest’anno, per la prima volta, il mercato automobilistico cinese sarà più grande di quello americano ed europeo messi insieme”. Il grande dragone fa paura.
Per il CEO di Black Rock, Larry Fink, gli USA vicini alla recessione
Continuano i giudizi negativi sulla politica economica e soprattutto commerciale di Donald Trump. A dire la sua questa volta è il CEO di BlackRock, Larry Fink. “I timori di un rallentamento economico sono aumentati drasticamente da quando il presidente Donald Trump ha annunciato la scorsa settimana l’introduzione di dazi doganali su larga scala, innescando una svendita sul mercato azionario. Mercoledì Trump ha annunciato la sospensione di alcune di queste imposte sulle importazioni per 90 giorni, ma questa decisione non è stata sufficiente a ripristinare la fiducia nell’economia, ha affermato Fink”. Dichiarazioni importanti che danno il segno di una tendenza che forse non potrà subire modifiche, almeno dal punto di vista della fiducia verso questa nuova Presidenza americana. “Penso che assisteremo, in generale, a un rallentamento finché non ci sarà maggiore certezza. E ora abbiamo una pausa di 90 giorni sui dazi reciproci, il che significa un’incertezza più lunga e più elevata” ha ribadito Fink.
Arriva la recessione? Negli Stati Uniti si comincia a spendere meno per parrucchieri ed estetiste
Il CEO di Black Rock, Larry Fink, prevede una recessione per gli Stati Uniti. Ma quale indicatore può darci un’idea di quel che potrà accadere? In questo articolo di Bloomberg se ne individua uno. “Mi sento molto come nel 2008, ha detto Christy Powers, che ha attraversato tre crisi economiche dal 1999. Operando da Frederick, nel Maryland, a un viaggio in treno pendolare da Washington, Powers ha detto che sempre più clienti, soprattutto la grande fetta di dipendenti federali, ‘vengono a raccontarmi quanto siano stressati’. Altri stanno interrompendo le spese per una serie di servizi per risparmiare. Powers è una consulente finanziaria? Un’agente immobiliare? No: è una massaggiatrice, e lei e i suoi colleghi che lavorano nei settori della bellezza, dei capelli e della cura della persona, hanno assistito in prima persona ad alcuni dei primi possibili segnali che gli Stati Uniti stanno precipitando in recessione”.
Il dollaro perde in due mesi il 6% del suo valore rispetto all’euro
La fiducia è tutto, anche in economia, e soprattutto nei mercati finanziari. Ne sanno qualcosa gli Stati Uniti. Negli ultimi due mesi il dollaro ha perso oltre il 6% del suo valore rispetto all’euro e notevolmente deprezzato anche nei confronti di franco svizzero e sterlina. Del resto, l’arrivo di Trump e soprattutto la sua politica commerciale non potevano creare solo che incertezza. E la quotazione del dollaro ne ha risentito. Sul Fatto Quotidiano si legge che “una variazione del 6% può sembrare poca cosa se rapportata ai vorticosi movimenti dei listini azionari. Ma quelli valutari, del dollaro e dell’euro in particolare, sono mercati giganteschi su cui ogni giorno si scambiano trilioni. Solo tra euro e dollaro scambi quotidiani per circa 6mila miliardi. Questo vuol dire che per spostare anche di pochissimo i rapporti di cambio servono gigantesche quantità di denaro”. Gli Stati Uniti rischiano la recessione e questo è un pericolo per tutti, come nel 2008.
Recessione a causa dei dazi? Non per le grandi banche di Wall Street
Qualcuno in questo caos generale dei dazi ci guadagna? Certo. In questo articolo pubblicato su Quartz si legge che le banche di Wall Street stanno traendo profitti da questa guerra commerciale. “Le banche stanno facendo soldi sfruttando la crisi del mercato azionario. Goldman Sachs, JPMorgan Chase e Morgan Stanley hanno generato oltre 12 miliardi di dollari di ricavi dalle negoziazioni azionarie nell’ultimo trimestre. Questo dato supera il picco del boom del trading post-pandemico”. Ma non è una novità, c’è sempre qualcuno che fa affari. “Finora, l’attività sta andando molto bene e ci clienti sono molto attivi, ha dichiarato agli analisti David Solomon, CEO di Goldman Sachs. Questa attività è alimentata dagli investitori che si affrettano a ricalibrare i portafogli a ogni nuovo segnale su come potrebbero evolversi i piani tariffari del presidente Donald Trump”. Meccanismo infernale, ma da queste fiamme, per molti, nascono ricchezze.
Honda, pronta a trasferire la produzione della Civic dal Giappone agli Stati Uniti
La politica commerciale dei dazi ha provocato un terremoto di alta intensità nei mercati mondiali. E gli effetti immediati ci sono stati tutti, politici e commerciali. Trump, tra le altre cose, cerca di riportare la produzione industriale negli Stati Uniti, e qualcosa, in questa direzione, si sta muovendo. Honda ad esempio sembrerebbe essere pronta a spostare parte della produzione negli Usa. Lo si legge in questo articolo uscito sul Corriere della Sera, secondo il quale la casa giapponese sposterebbe la produzione del modello Civic con motore ibrido dal Giappone al suo stabilimento in Indiana negli Stati Uniti, “nel tentativo di mitigare l’impatto delle politiche tariffarie del presidente Donald Trump”. La casa auto ha spiegato di ritenere opportuno trasferire la produzione del modello, attualmente assemblato nello stabilimento della prefettura di Saitama, a nord di Tokyo, negli Stati Uniti, considerando l’elevata domanda e popolarità della Civic in quel Paese”.
Trump soddisfatto del negoziato per i dazi con il Giappone.
Secondo l’agenzia stampa della Reuters, Trump avrebbe elogiato “i grandi progressi” del negoziato sui dazi aperto con il Giappone. Non è quindi un caso che Honda abbia comunicato di essere pronta a spostare la produzione del modello della Civic ibrida da Tokyo all’Indiana. È quel che vuole Trump con la sua politica commerciale, portare la produzione negli Usa. Per questa ragione, forse, ha sospeso alcuni dazi, per, come dice lui, dare più tempo alle aziende di organizzare il ‘processo di trasferimento’ negli Stati Uniti. Comunque, il presidente ha fatto sapere che seguirà in prima persona la negoziazione con il Giappone e che parteciperà direttamente alle trattative. Viene da domandarsi cosa faranno gli imprenditori italiani davanti a questa nuova realtà. In una recente intervista l’amministratore delegato della Lavazza ha dichiarato che, probabilmente, il caffè che indirizzano al mercato statunitense lo produrranno direttamente negli Usa, cosa che tra l’altro, avviene già per il 50% del loro prodotto.
Stati Uniti vs Cina, chi ha in mano le carte migliori?
Ormai appare evidente. La vera partita è tra Stati Uniti e Cina. Tutto il resto è un contorno più o meno importante. Ma chi ha le carte migliori in mano tra le due superpotenze? Secondo questo articolo pubblicato su Mns, Xi sarebbe avvantaggiato su Trump. “Un sistema autoritario, strettamente controllato dal Partito Comunista Cinese, è probabilmente più preparato ad assorbire un periodo di difficoltà politiche ed economiche rispetto agli Stati Uniti, dove le turbolenze economiche si traducono rapidamente in pressioni politiche. Xi è perfettamente in grado di commettere gravi errori e la gestione cinese della pandemia di Covid-19 lo ha dimostrato”, si legge ancora nell’articolo, “ma i cinesi si preparano da tempo a uno scontro commerciale con gli Stati Uniti e hanno valutato attentamente le loro opzioni. Al contrario, la Casa Bianca sta arrangiandosi di conseguenza. Trump sì è giocato una mano perdente. Prima o poi dovrà arrendersi. L’arte del patto da manuale!”
Trump ha commesso insider trading? I democratici all’attacco
“Mentre era in corso la bufera sui mercati provocata dai dazi su Truth, il social media di sua proprietà, Donald Trump ha scritto: ‘This is a great time to buy!!! (questo è un ottimo momento per comprare)’. Poi in serata è arrivata la decisione di congelare le tariffe protezionistiche per 90 giorni con tutti i paesi tranne che con la Cina”, si legge su Blitz Quotidiano. Insider trading? Ovviamente i democratici accusano il presidente di averlo farlo. Ma cos’è insider trading? In sintesi è quando avviene una “compravendita di titoli di una determinata società da parte di soggetti che, per la loro posizione all’interno della stessa o per la loro attività professionale, sono in possesso di informazioni riservate. In particolare ciò permette a chi ha queste informazioni di vendere azioni quando si sa che di li a poco crolleranno oppure di acquistarne a basso prezzo quando poi si sa che il loro valore crescerà.
Steven Horsford, onorevole alla Camera per i democratici, attacca Trump
Il presidente americano Trump è sotto gli attacchi dei democratici per il sospetto di insider trading. Ad accusarlo pesantemente Steven Horsford, membro democratico della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti. “È una manipolazione del mercato? Se non lo è, cos’è? Chi ne trae vantaggio? Quale miliardario è appena diventato più ricco?” ha domandato retoricamente il rappresentante democratico alla Camera al rappresentante commerciale Usa della Casa Bianca, Jamieson Greer . Ricordiamo che il tycoon aveva scritto sul social di sua proprietà Truth, una frase particolare, ‘questo è un ottimo momento per comprare’, salvo poi in serata la decisione di congelare le tariffe protezionistiche per 90 giorni. Chi ha seguito il consiglio si è sicuramente arricchito. I sospetti ci sono tutti, e i democratici americani, che cercano di rialzarsi dopo la dolorosa caduta elettorale, alzano le baionette verse il cielo. Nel link qua sotto il video dell’intervento del membro democratico Steven Horsford.
Adam Schiff, senatore democratico, chiede al Congresso un’indagine per capire se Trump abbia falsato il mercato
I democratici americani sugli scudi. Dopo l’attacco per insider trading del membro democratico alla Camera Steven Horsford, arriva adesso l’affondo del senatore Adam Schiff. Su Blitz Quotidiano si legge che il senatore “ha chiesto al Congresso di avviare un’indagine per verificare se il presidente Donald Trump abbia commesso atti di insider trading o manipolazione del mercato. Questo in seguito alla sospensione improvvisa di una serie di dazi, che ha provocato un’impennata dei prezzi delle azioni. La decisione è stata presa dopo che, poco prima dell’apertura dei mercati, Trump aveva pubblicato su Truth Social un invito ad acquistare azioni. ‘Farò del mio meglio per scoprirlo’, ha dichiarato Schiff in un’intervista al Time. ‘Le monete dei meme di famiglia e altre simili operazioni non sono esenti da insider trading o da arricchimento personale. Spero di avere risposte presto”, ha proseguito il senatore democratico. L’articolo di Blitz Quotidiano nel link qua sotto.
Dopo 53 anni è ancora “Sunday Bloody Sunday”, da Gaza City a Sumy
“Sunday Bloody Sunday cantavano gli U2 negli anni Ottanta, ricordando la domenica di sangue in cui l’esercito del Regno Unito sparò sui partecipanti a una manifestazione il 30 gennaio 1972, uccidendone quattordici” scrive Silvia Di Pasquale su Blitz Quotidiano. Ma l’articolo non riguarda l’iconica band musicale di Dublino. “Dopo 53 anni ci risiamo. Cambiano i fronti, in questo caso Gaza e l’Ucraina, ma il ricordo di un’altra Bloody Sunday è qualcosa di reale. La scorsa domenica delle Palme verrà ricordata per il bombardamento dell’ospedale di Gaza City, con un bambino ricoverato per un trauma cranico che è deceduto nello spostamento. Sul fronte ucraino, la città di Sumy è stata marchiata con il sangue da due missili balistici russi. Il bilancio è di decine di vittime, inclusi due bambini, cui si aggiungono oltre un centinaio di feriti”. Per leggere tutto l’articolo di Silvia Di Pasquale cliccare sul link qua sotto.
Israele era pronta ad attaccare i siti nucleari iraniani, ma Trump ha detto No, meglio negoziare
Il Fatto Quotidiano ha riportato questa notizia uscita sul New York Time secondo la quale Israele avrebbe colpito a maggio i siti nucleari iraniani, ma che Trump abbia stoppato l’attacco preferendo un nuovo tentativo di negoziato sull’arricchimento dell’uranio. “Il presidente degli Stati Uniti avrebbe preso la sua decisione dopo mesi di dibattito interno sull’opportunità di perseguire la diplomazia o sostenere Israele nel tentativo di rallentare la capacità della Repubblica islamica di costruire un ordigno atomico, in un momento in cui Teheran è stato indebolito militarmente ed economicamente dallo scontro a bassa intensità con Tel Aviv e da anni di sanzioni economiche occidentali”. Il dibattito all’interno della Casa Bianca avrebbe evidenziato le divergenze tra i cosiddetti ‘falchi’, più propensi all’attacco, e altri collaboratori invece scettici sul fatto che l’intervento militare potesse distruggere le ambizioni nucleari del paese. Per quanto riguarda Israele, erano pronti a colpire.
Gli Stati Uniti non firmano il documento del G7 che condanna la strage a Sumy
Si era già abbondantemente capito che la Casa Bianca sorride verso Mosca e mette il broncio quando invece guarda Kiev. L’ultima decisione dell’amministrazione americana dentro questo solco è stata quella di non firmare un documento del G7 a condanna della strage a Sumy. Sul Fatto Quotidiano si legge che “gli Stati Uniti hanno rifiutato di sostenere un comunicato di condanna del G7 all’attacco russo a Sumy citando il desiderio di continuare le trattative con Mosca”. Alcune fonti sostengono infatti che la decisione è arrivata come una necessità, visto che la Casa Bianca “stava lavorando per preservare lo spazio per negoziare la pace”. Conseguentemente a questa posizione, il Canada, “che ha la presidenza del G7, ha quindi detto agli alleati che senza il sostegno americano sarebbe stato impossibile procedere con il comunicato”. Dunque, necessità o contrarietà? Gli Stati Uniti continuano la loro corsa verso una nuova politica estera.
Steve Witkoff: “Potremmo essere sul punto di qualcosa di molto importante per il mondo”, ma Lavrov frena
Dal conflitto in Ucraina non sembrano arrivare buone notizie. Steve Witkoff, l’inviato speciale della Casa Bianca andato da Putin con la mano sul cuore, dice invece che Mosca vuole una “pace permanente”. Intervistato dalla Fox News, si legge su Blitz Quotidiano, ha dichiarato che “potremmo essere sul punto di qualcosa di molto, molto importante per il mondo intero”. E non potremmo che essere felici se questa prospettiva si realizzasse. Nel medesimo momento però il “ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, ha commentato la difficoltà dei negoziati, affermando: ‘Non è facile concordare gli elementi chiave di un accordo’. Lavrov ha riconosciuto a Washington il merito di ‘aver cercato di approfondire il problema’, a differenza dell’Europa”. Chissà a che punto sono veramente questi negoziati. Nell’attesa che comunque arrivi qualcosa di buono, continuiamo a contare i morti, in Ucraina come nella Striscia di Gaza. Al link qua sotto tutto l’articolo.
Kallas (UE): “La Russia non è un Paese democratico e Putin è un dittatore”
Sul fronte della guerra in Ucraina non arrivano le notizie sperate. Sembrava che si dovesse arrivare alla pace in alcuni giorni, ed invece, anche una eventuale tregua, sembra allontanarsi dall’orizzonte. Trump non riesce a raccogliere i risultati sperati. Adesso interviene anche l’alto rappresentante per la Politica estera dell’Unione europea Kaja Kallas, che “in un’intervista a Repubblica ha spiegato che il presidente americano Donald Trump ‘potrebbe davvero porre fine a questa guerra in brevissimo tempo facendo pressione sulla Russia. La pressione invece è sull’Ucraina”. Forse, la delega alla Politica estera dell’Unione europea è tra quelle più complicate e difficili da gestire. Ma tant’è, l’alto commissario ha ribadito la necessità di un impegno maggiore del presidente americano, forse troppe volte più propenso a scagliarsi contro Kiev. “La Russia non è un Paese democratico e Putin è un dittatore. Ma io non ho paura delle loro minacce” ha poi dichiarato Kallas.
Anche la Russia soffre a causa dei dazi americani
Anche la Russia non sta traendo godimento da questa guerra commerciale dei dazi. Anzi. La situazione sembrerebbe essere non semplice anche per Putin. Su Blitz Quotidiano si legge che “l’economia russa ha subito un forte rallentamento negli ultimi mesi, con settori industriali, al di fuori della difesa, in stagnazione. Si prevede che l’economia si contrarrà ulteriormente se il calo dei prezzi del petrolio e le turbolenze sui mercati globali persisteranno”. A sostenerlo Anna Hirtenstein e Yousef Saba di Reuters. Interessanti queste previsioni, soprattutto perché si dovrà capire come questa situazione russa possa pesare sulle trattative per la pace in Ucraina. L’economia russa che peggiora può essere un fattore positivo o negativo? E quanto Trump potrà utilizzare questa leva per convincere Putin? Questo articolo di Blitz Quotidiano a firma di Mario Tafuri, sviscera la questione della crisi e soprattutto entra nel merito del caos mondiale derivato anche dal calo del petrolio.
La ‘guerra invisibile’ in Sudan. 13 milioni di profughi
Medici Senza Frontiere lancia l’allarme sulla guerra in Sudan che sta andando avanti da due anni. “Silenzio e negligenza internazionale per la crisi umanitaria più grande al mondo” si legge nel titolo di questo articolo uscito sul Fatto Quotidiano. In Sudan “il 70% delle strutture sanitarie è chiuso o funziona a malapena, con carestia dilagante, focolai di morbillo, colera e difterite e 13 milioni di profughi”. Un quadro drammatico che mette in evidenza l’ipocrisia dello sguardo del mondo verso questi ‘conflitti invisibili’. “La guerra in Sudan entra nel suo terzo anno, ma a far rumore è ancora il silenzio e la negligenza internazionale di fronte alla crisi umanitaria più grande al mondo. Tredici milioni di persone, più dell’intera popolazione della Lombardia, sono state costrette a lasciare la propria casa. Oggi, più che mai, è necessario che si diano aiuti concreti alla popolazione, anche perché la risposta umanitaria è assolutamente inadeguata”.
Il dramma inascoltato della guerra civile in Sudan
Siamo tutti concentrati su Ucraina e Striscia di Gaza ma non sono solo questi i conflitti in corso, anzi. Uno dei più drammatici e del quale se ne parla poco è quello che da due anni sta martoriando il Sudan. “La guerra civile in Sudan va avanti dall’aprile 2023, è l’emergenza umanitaria più grave di tutto il pianeta (quasi 13 milioni di persone in fuga, 150.000 le vittime stimate), ma difficilmente ne avrete sentito parlare. È raro vedere servizi sul Sudan nei tg e nei giornali, non hanno avuto spazio le immagini delle fosse comuni scovate dall’occhio del satellite o quelle, più recenti, del museo nazionale di Khartoum devastato, con le mummie millenarie esposte e i reperti storici trafugati”. Si legge tutto questo in uno speciale pubblicato su Repubblica. Purtroppo è la cruda realtà, esistono conflitti di serie A ed altri di serie B, e questo del Sudan ricade nel secondo gruppo.
Trump vs Harvad: l’ateneo rischia il blocco delle sovvenzioni
Anche le Università americane entrano nel mirino di Trump. Si apre un altro fronte per il tycoon. Questa azione politica però non è una novità. Il “nemico università” era già stato individuato in campagna elettorale. Forse il nemico interno numero uno per Trump. “L’università non si adegua alle politiche della nuova amministrazione americana? La Casa Bianca le taglia i fondi” si legge sul Fatto Quotidiano. “Non si tratta, però, di un ateneo qualsiasi, ma della prestigiosissima Harvad alla quale Donald Trump ha annunciato il blocco di 2,2 miliardi di dollari in sovvenzioni pluriennali e di 60 milioni in contratti pluriennali. La mossa del tycoon arriva dopo la presa di posizione dei vertici universitari che, dopo aver ricevuto la scorsa settimana una lettera da una task force federale che delineava ulteriori condizioni politiche”. Dunque Harvad, eccellenza americana per anni in tutto il mondo, rischia grosso.
Le “richieste” della Casa Bianca rifiutate da Harvad
Lo scontro tra l’amministrazione Trump e Harvad segue al rifiuto dell’ateneo di adeguarsi alle richieste della Casa Bianca. Il Fatto Quotidiano ha pubblicato il documento che contiene queste richieste nella sua versione integrale. “Stop ai programmi di inclusione su base etnica o di censo, controllo delle assunzioni, delazione su eventuali comportamenti contrari alle nuove regole, collaborazione con il Dipartimento di sicurezza” tanto per citare alcune delle ‘indicazioni’ trumpiane. Non c’è da gioire, anche perché Harvad è una delle eccellenze mondiali e in questa contrapposizione rischia molto, un blocco di 2,2 miliardi di dollari in sovvenzioni pluriennali e di 60 milioni in contratti pluriennali. Probabilmente Harvad ha le risorse per andare avanti a prescindere dai finanziamenti pubblici, ma è ineludibile che la durezza dell’attacco sferrato a questa istituzione avrà delle conseguenze. Infatti, anche l’università Columbia si è unita ad Harvad per la lotta. Anche questo nuovo fronte non promette niente di buono.
Trump si scaglia ancora contro l’Università di Harvad
Per Donald Trump non c’è solo la guerra commerciale dei dazi scatenata contro tutto il mondo. Nel suo mirino sono entrate anche le università americane, accusate di non seguire le nuove direttive date dalla Casa Bianca. Lo scontro ha già superato il livello di allerta, ed è sfociato nel muro contro muro. Le ultimissime dichiarazioni del tycoon non lasciano sperare a niente di buono nemmeno per il futuro. “Harvad non può più essere considerata un luogo di studio dignitoso e non dovrebbe essere inclusa in nessuna lista delle migliori università o college del mondo” ha dichiarato su Truth, la piattaforma social di sua proprietà. Ma il presidente americano è pure andato oltre, aggiungendo che “Harvard è una barzelletta, insegna odio e stupidità e non dovrebbe più ricevere fondi federali”. Parole di fuoco, che alzano la temperatura. Ma Harvad non è sola, a suo fianco anche la Columbia University.
Harvad passa alle vie legali e fa causa all’amministrazione Trump
Ha dell’incredibile lo scontro tra il Presidente degli Stati Uniti e le università americane. Harvad è la prima a ribellarsi alle nuove indicazioni arrivate dalla Casa Bianca, ma con lei si stanno schierando anche altre istituzioni del sapere, come la Columbia University. Alcuni osservatori sostengono che la resistenza delle università potrebbe essere il primo embrione di opposizione che comincia a germogliare nel Paese. Vedremo come si evolverà questa contrapposizione. Intanto “la Casa Bianca”, si legge su Blitz Quotidiano, “ha minacciato di vietare all’Università di Harvard di ammettere studenti stranieri se non accetterà di sottoporsi a controlli sulle ammissioni, sulle assunzioni e sull’orientamento politico”. Ma la risposta di Harvad non si è fatta attendere, ed “i professori dell’università hanno osato far causa all’amministrazione Trump per voler mettere sotto esame nove miliardi di dollari di fondi federali per l’ateneo”. L’azione legale accusa l’amministrazione di violare il Titolo VI del Civil Rights Act.
La Bce taglia i tassi dello 0,25%: adesso sono al 2,25%
Era un’iniziativa attesa: la Bce taglia i tassi e li porta al 2,25%. “L’economia dell’area dell’euro ha sviluppato una certa capacità di tenuta agli shock mondiali, ma le prospettive di crescita sono peggiorate a causa delle crescenti tensioni commerciali” afferma la stessa Bce. In questo articolo di Italia Oggi si legge che “la Bce conferma un approccio dipendente dai dati e riunione per riunione per determinare l’orientamento appropriato della politica monetaria. Le decisioni del Consiglio sui tassi di interesse si baseranno sulla valutazione delle prospettive di inflazione alla luce dei dati economici e finanziari più recenti, della dinamica dell’inflazione di fondo e della forza della trasmissione della politica monetaria”. Grande prudenza della presidente Lagarde. Meno fortunato di lei il suo collega della Fed, Powell, che negli Stati Uniti sta subendo un pesante attacco da parte del presidente americano Donald Trump. Per tutto l’articolo su Italia Oggi cliccare al link qua sotto.
Anche la Bialetti venduta ai cinesi
E poi arriva la realtà, quella che molte volte denuda la politica italiana. Bialetti venduta ai cinesi. Un altro simbolo del Made in Italy che se ne va. Sul Fatto Quotidiano si legge che l’accordo è stato fatto con il fondo lussemburghese Nuo Octagon, controllato dalla famiglia cinese Pao-Cheng. Il closing entro giugno 2025”. Bialetti è solo l’ultimo dei marchi che ‘ci hanno lasciato’, ormai la tendenza è in atto, c’è poco da fare. “Per gli storici dell’economia magari sarà solo un puntino nel piano discendente tracciato dal declino industriale italiano. Eppure, almeno nell’immaginario collettivo, è forte l’impatto del passaggio di Bialetti in mani cinesi”. Il declino dell’industria italiana segna la fine di un’epoca, ma quel che deve far pensare è che questo fenomeno coinvolge anche piccole realtà, come ad esempio il bar storico di una qualsiasi cittadina della provincia italiana. Bialetti e gli altri sono solo la manifestazione più evidente del fenomeno.
Scende il costo della benzina, 1,731 al litro
Prosegue il calo dei prezzi dei carburanti. Ogni tanto arriva anche qualche buona notizia. In questo articolo su Blitz Quotidiano si legge che “il prezzo medio della benzina in modalità self service è ai minimi da oltre due anni. Per trovare un livello più basso bisogna infatti tornare a fine dicembre 2022, quando però era ancora in vigore il taglio delle accise”. Dunque spenderemo di meno. “Arretra ulteriormente anche il diesel self, tornato sui livelli di inizio ottobre 2024. In base all’elaborazione di Quotidiano Energia dei dati dell’Osservaprezzi del Mimit, il prezzo medio nazionale praticato della benzina in modalità self è 1,731 euro al litro (1,736 la rilevazione del 14 aprile), con le compagnie tra 1,719 e 1,738 euro al litro (no logo 1,729). Anche il tema delle accise è uno di quelli argomenti mai domi e che accendono sempre il dibattito tra maggioranza ed opposizione.
Zuckerberg a processo per l’acquisto di WhatsApp e Instagram
Per Mark Zuckerberg continuano ad arrivare problemi. Dopo la corsa per salire il prima possibile sul carro del nuovo presidente Trump, si apre adesso un processo contro di lui negli Stati Uniti. Ma per quale accusa il creatore di Facebook è chiamato a difendersi? Sul Corriere della Sera si legge che “la Federal Trade Commission ha iniziato le indagini sulla società di Mark Zuckerberg nel 2020 per capire se ci fossero i margini di accusare per violazione dello Sherman Antitrust Act del 1890, la legge in cui si specifica come sia vietato utilizzare pratiche anticoncorrenziali per costruire un monopolio. Secondo i documenti da loro raccolti ci sono. E dunque, oggi 14 aprile, si apre il processo in cui saranno chiamati a testimoniare tutte le più illustri menti di questa storia: lo stesso Zuckerberg, ci si aspetta un’audizione di 7 ore”. Sotto processo l’acquisto di WhatsApp e Instagram.
Oro, il bene rifugio per eccellenza
Investire sull’oro si vince sempre. In questo articolo di Sergio Carli pubblicato da Blitz Quotidiano si legge della “lunga cavalcata dei prezzi dell’oro in mezzo secolo: dai 20 dollari l’oncia (1.200 lire o 40 lire al grammo) del 1970 ai 3.237.61 dollari l’oncia (30 euro o 48.000 lire per oncia, 16.000 lire per grammo) dei giorni scorsi”. Non è un caso se l’oro viene appunto chiamato bene rifugio. “Siamo a un valore superiore di 150 volte a quello del ’70, mentre il costo della vita è aumentato di sole 20 volte. L’attuale rally dell’oro riecheggia quello degli anni ’80, scrivono Polina Devitt e Veronica Brown di Reuters. L’oro ha raggiunto il record di 3.237.6 dollari l’oncia questa settimana, il suo prezzo è aumentato del 16% da inizio anno dopo una crescita del 27% nel 2024” si legge ancora nell’articolo di Sergio Carli. Tutto l’articolo al link qua sotto.
Standard&Poor’s migliora il rating del debito pubblico italiano
Il rating del debito italiano migliora. A dirlo Standard&Poor’s. “L’agenzia di rating S&P Global ha alzato il rating dell’Italia venerdì, in una mossa a sorpresa, pochi giorni dopo che Roma aveva dimezzato le sue previsioni di crescita economica a causa delle turbolenze dei mercati globali e annunciato un aumento dell’enorme debito pubblico quest’anno e il prossimo”. Lo scrive Sergio Carli su Blitz Quotidiano, collegando le due notizie insieme. “Gavin Jones ricorda che già Fitch ha confermato il rating BBB con outlook positivo, mentre Moody’s ha assegnato all’Italia un rating Baa3 con outlook stabile. L’upgrade di S&P, osserva, rappresenta un incoraggiamento per il Primo Ministro italiano Giorgia Meloni in vista dell’incontro con il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump a Washington giovedì, che dovrebbe concentrarsi sui dazi commerciali statunitensi, che hanno colpito i mercati finanziari di tutto il mondo e offuscato le prospettiva economiche. Per leggere tutto l’articolo cliccare al link qua sotto.
Economia italiana, qualche soldo in più alle famiglie ma che vanno nel risparmio
Segnali di miglioramento dell’economia italiana? In questo articolo pubblicato su Italia Oggi si legge che “nell’anno appena trascorso le famiglie hanno consumato di meno e risparmiato di più. Nel 2024 la crescita dell’economia italiana è stata modesta, attestandosi allo 0,7%, in linea con l’anno precedente ma, per la prima volta dal 2021, inferiore alla media dell’area dell’euro”. Ad affermarlo l’Ufficio parlamentare di bilancio che ha pubblicato la Nota sulla congiuntura di aprile 2025. Tra le altre cose la Nota indica che “sul fronte dei consumi, le famiglie nel 2024 hanno recuperato potere d’acquisto ma è aumentata la cautela negli acquisti quindi e la propensione al risparmio. Nel primo trimestre, secondo le elaborazioni dell’UPB la variazione acquisita sull’indicatore dei consumi (in volume e destagionalizzato) di Confcommercio sarebbe negativa di tre decimi di punto percentuale”. Dunque qualche soldo in più per le famiglie ma che va nel risparmio. L’articolo di Italia Oggi al link qua sotto.
PostePay presenta un nuovo prodotto per le soluzioni di pagamento
PostePay, la società di Poste Italiane leader dei pagamenti digitali in Italia e dell’e-commerce con oltre 30 milioni di carte, presenta al Netcomm Forum innovative soluzioni di pagamento. C’è da dire, più in generale, che Poste Italiane vive un periodo di grande sviluppo. È di pochi giorni fa l’ingresso in quota di maggioranza dentro Tim che ha permesso di farla tornare italiana dopo gli anni dei francesi di Vivendi. Adesso arriva questo nuovo investimento, che, in questo articolo di Blitz Quotidiano, si legge avere come obiettivo di garantire una ‘Great Shopping Experience’, mettendo a disposizione dei propri clienti la ‘everyday platform’ e l’ampia offerta di prodotti e servizi. In ambito retail, grazie alle sue soluzioni innovative, PostePay ha già conquistato 20 milioni di clienti e il suo prodotto flagship, la carta Postepay Evolution, viene oggi utilizzata da oltre 10 milioni di Italiani”.
La Ferrari si prepara per entrare nel mondo della vela
Diversificare, ma soprattutto accettare nuove sfide. Sembrerebbero essere queste le parole d’ordine per le grandi aziende dell’eccellenza italiana. Una di queste è sicuramente la Ferrari. Nell’ultima assemblea degli azionisti, si legge su Italia Oggi, Elkan ha affermato “Che Enzo Ferrari era sempre alla ricerca della prossima sfida, proprio come noi oggi. Ci stiamo preparando a entrare nel mondo della vela: la ricerca delle massime prestazioni in mare ci offrirà nuove opportunità di innovazione in termini di tecnologia, prestazioni e sostenibilità, e siamo certi che le nostre conoscenze ispireranno le nostre future auto da corsa e sportive”. L’obiettivo, nemmeno a dirlo, è molto ambizioso e per svilupparlo la Ferrari ha scelto uno dei migliori, Giovanni Soldini, che ricoprirà il ruolo di team principal. Per leggere tutto l’articolo pubblicato su Italia Oggi cliccare al link qua sotto.
Premi Strega 2025, la dozzina dei finalisti che non ti aspetti
Arriva la dozzina del Premio Strega 2025, ovvero i dodici libri che si contenderanno il Premio. Quest’anno ci sono delle sorprese. Rimangono fuori alla dozzina importanti case editrici: l’Einaudi, La nave di Teseo, Adelphi. “Lo Strega più pazzo del mondo” l’ha definito Raffaella De Santis in questo articolo su Repubblica. “Ha preso il volo con una dozzina inaspettata che creerà qualche mal di pancia. Ci sono naturalmente i favoriti al rush finale verso il podio: Andrea Bajani con L’anniversario (Feltrinelli), Nadia Terranova con Quello che so di te (Guanda) e Paolo Nori con Chiudo la porta e urlo (Mondadori). Ricordiamolo, questa dozzina verrà ulteriormente scremata, dimezzandola fino ad arrivare a sei super finalisti. “La finale si terrà giovedì 3 luglio come di consueto nel giardino del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia”. Che vinca il migliore, e soprattutto speriamo che questi libri poi vengano comprati e letti.
Morto lo scrittore peruviano Mario Vargas Llosa, aveva 89 anni
È morto lo scrittore peruviano Mario Vargas Llosa, aveva 89 anni. A comunicare la scomparsa è stato direttamente il figlio sul profilo ufficiale di X. Premio Nobel 2010, Mario Vargas Llosa era l’ultimo superstite della grande letteratura latinoamericana del ‘900. Diceva che Gustave Flaubert era il suo punto di riferimento, che averlo letto in qualche modo gli aveva cambiato la vita. La scrittura di Mario Vargas Llosa era di quelle pungenti, che non lasciava spazio per il superfluo e che restituiva al lettore la realtà senza nessun filtro. Del realismo magico aveva poco, ma riusciva ugualmente a creare uno spazio nel quale il romanzo emergeva nel suo essere strumento per andare oltre la realtà. Forse era l’umorismo il suo valore aggiunto, ma sempre dentro la rigorosità letteraria delle parole che scriveva. Tra i suoi romanzi più riusciti c’è sicuramente “Avventure della ragazza cattiva”, “La zia Julia e lo scribacchino” e “La città e i cani”.
Emmanuel Macron adora il profumo, come il Re Sole Luigi XIV
“La tragedia dell’Eliseo”, il nuovo libro del giornalista di Le Parisien, Oliver Beaumont, riporta che Emmanuel Macron adora il profumo, si cosparge come il Re Sole Luigi XIV, lasciandoci sperare però che, a differenza del grande sovrano, almeno lui si lava. In questa recensione pubblicata su Blitz Quotidiano si legge che “Quando Emmanuel Macron entra nella stanza, lo si sente, afferma il libro citando uno dei suoi ex collaboratori, spiegando che è un modo per affermare il suo potere, quasi per marcare il territorio. L’effetto è immediato. Non è sottile, ma rapido. Significa: attenti, arrivo, afferma un ex collaboratore. Tanto che diversi membri dello staff hanno finito per scherzare su un’espressione che sentivano da un’ala altra: Ha l’odore del presidente. Prosegue: Basta essere nel Vestibolo d’onore per sapere se c’è stato di recente o no, ammette Bruno Roger-Petit, uno dei principali collaboratori di Macron”.
‘La Locandina’ di Blitz Quotidiano consiglia Wall Street di Oliver Stone
‘La Locandina’ di Blitz Quotidiano consiglia Wall Street per la regia di Oliver Stone. Forse uno dei film più iconici degli anni ’80. Giuseppe Avico, scrive nella sua recensione che “Bud Fox (Charlie Sheen) è un giovane broker a caccia del successo. Riesce poi a entrare in contatto con il suo idolo, ovvero Gordon Gekko (Michael Douglas), un autentico squalo della finanza senza scrupoli. Tra i due si instaura presto un rapporto nel quale Gekko vesta i panni del mentore per il giovane Bud, allievo in principio accomodante e devoto. La loro collaborazione conduce entrambi sulla strada del successo, lungo il quale, però, Bud inizia lentamente ad aprire gli occhi sulle personalità di Gekko e sulla sua spietatezza. Lo scontro tra i due sarà inevitabile”. Tra dazi, controdazi, speculazioni varie ed alta finanza è un film da vedere o rivedere. Tutta la recensione di Avico al link qua sotto.